Masseria Angelo Di Maglie nella vallata di Campo Orlando

Una stupenda masseria nel territorio di Ceglie Messapica, un vero e proprio monumento della civiltà contadina con le imponenti costruzioni a Pignon.

Il più grande dei 3 fabbricati coperti a chiancarelle spioventi misura 128m2 di copertura tramite un unica grande volta a botte. La superficie coperta complessivamente supera gli 800m2.

La Masseria punto di animazione della vita nella contrada fino agli anni 50

Fino agli anni 50 del secolo scorso la bella chiesetta fungeva da punto di aggregazione dei contadini che si raccoglievano la domenica mattina per la messa. Sulla strada di imbocco che conduce in masseria si trova una croce di ferro. Questa fu posta in ricordo di una missione di padri passionisti che ogni sera per una settimana predicarono messa o nella chiesetta o sul piazzale antistante in base alle persone presenti. Questo fine anni 40, dopo di ciò ogni anno si svolgeva la processione dalla chiesetta alla croce A/R.
Oltre a questa processione, se ne svolgeva un’altra organizzata dai alcuni bambini della contrada, per festeggiare S. Rocco questa partiva dalla chiesa passava da alcune campagne (da mmienz a mmienz) e rientrava alla chiesetta dalla strada.
La chiesetta era frequentata da parecchia gente sia della contrada che da lontano.

Indagine sull’origine del toponimo


Ritroviamo il toponimo “Angelo di Magli” in un documento del 1760 con la descrizione dei confini tra Ceglie ed Ostuni dove è già delineata la toponomastica come poi è giunta ai giorni nostri. Ma nel 1600 l’attuale Masseria Angelo di Maglie insieme alle attuali contrade Angelo di Magli, Zila Pampini e Monte Papa formava un’unica contrada denominata “Finestre” (fonte http://unosguardosuceglie-dg.blogspot.com/ )

Il nostro reportage fotografico dalla terra e dal cielo

Cosa sono le costruzioni a Pignon

La costruzione a Pignon è un modulo architettonico concepito in maniera diversa dei trulli ed ha probabilmente una genesi anteriore. Si tratta dell’entità volumetrica strutturata tramite l’adozione del rettangolo come supporto geometrico dei ragionamenti costruttivi, sia nella concezione planimetrica che in quella altimetrica, sia nella conformazione delle coperture che in quella delle partiture interne.
In altri termini una netta contrapposizione alla stereometria dei trulli, ma non alla loro modalità costruttiva che risulta simile, in quanto anche questo ulteriore modulo volumetrico che si riscontra con una enorme variabilità dimensionale, specie nell’assunto longitudinale, ha delle pareti in pietra composte da un duplice paramento murario (esterno ed interno) edificati spesso senza malta, ed un tetto a due falde, a forte pendenza, rivestito con chiancarelle, “a Pignon”, nella nomenclatura locale, “a làmia”, secondo il Fumarola. (fonte http://www.rilievo.poliba.it/studenti/aa01/facchini/cap7.html )

CIRCUMSCRIPTIO PHEUDI TERRAE CELIARUM DEL GALDO

Il testo del 1760 pubblicato integralmente tratto dal blog unosguardosuceglie fonte della citazione

In un documento del 1760 la descrizione dei confini tra Ceglie ed Ostuni dove è già delineata la toponomastica come poi è giunta ai giorni nostri. Nel 1600 l’attuale Masseria Angelo di Maglie che agli inizi insieme alle attuali contrade Angelo di Magli, Zila Pampini e Monte Papa formavano un’unica contrada denominata “Finestre” (fonte http://unosguardosuceglie-dg.blogspot.com/ )

«…Voltando la linea verso tramontana, si fanno passi 289 e terminando le vigne di Campo Orlando. E dopo passi 16 s’incontra un passaturo publico, che và alli beni di Angelo di Magli e termina la chiusura di Madroccola, cominciano la chiusura di Don Tomaso Grego da levante. E facendosi passi 442 per detto passaturo sudetto e principia la linea della confine a caminare strada strada per passi 276 s’arriva al Guado detto di Monopoli, che divide un paretone, che cala dalla parte di levante Feudo d’Ostuni verso ponente che forma la linea della confine. E caminandosi per detto paritone, facendosi disagiata e scommoda salita per l’alto d’una murgia, per dirupi, sassi, sterpi, macchie, spine e luoghi alpestri, dopo passi 248, tra li beni di Grego e di Cristofalo, s’incontrano dall’alto di un monte detto Monte Marcuccio del sudetto Cristofalo due gran mucchi di pietre, ossia specchie, attaccate al detto paretone dalla parte di gerocco. Dalle quali specchie proseguendo il camino per lo stesso paretone, sempre per sterpi e pietre, dopo passi 152 terminano li beni del sudetto Cristofalo e principiano li demani di Ceglie posseduti da Angelo de Magli di Martina. E dopo passi 140 terminano li demani chiusi ed aperti di detto Magli e camina la linea sopra  il muro della chiusura antica detta Grotta Caldarella per passi 195, dove finisce la detta chiusura e siegue la linea per altri passi 37 verso tramontana, tra li demani chiusi di detto Magli e li beni di Grego dalla parte Ostunese. E ripigliandosi la linea verso ponente, termina il muro, che chiude il demanio di detto Magli. Nel qual luogo vedendosi dall’esperti non esservi titoli, finete o altri segni, che distinguessero li confini, li medesimi esperti stando col consenso, presenza ed assistenza de’ Signori Vitale e Greco, il sudetto Magnifico Principalli assistendo alli suoi esperti, ha dichiarato che egli faceva l’assignazione del confine dritto verso ponente, per come conteneva la cima delli monti, che circondano una lunga valle.

E tutti l’esperti facendo le più esatte diligenze, per la cognizione dei confini, che n’avevano non solo per propria esperienza, ma anche suggeritali dalli vecchi ed antichi uomini esperti e prattici di tal sito della Terra di Ceglie, han dichiarato, come dichiarano in nostra presenza, esservi in detta linea di confine certo di una pietra naturale, o sia pentima fissata in terra, situata dalla natura sotto un albero di quercia, poco distante dal detto demanio chiuso, qual pietra era segnata con una croce, anticamente scolpita solito segno, come dissero, col quale viene a dividersi il Feudo di Ceglie da quello di Ostuni. Per esecuzione di che, han voluto che li suddetti compassatori, Pichierri e Panariti, fissassero lo squadro all’angolo del muro di detto Magli, guardando verso tramontana, pigliando la linea verso il sudetto albero. Locché eseguitosi e cominciatasi la misura, facendosi passi 322 tra luoghi alpestri, sassosi e macchiosi, s’arriva all’albero denotato, situato in una valle, dove termina la scoscesa del monte e quivi s’è trovata una pietra, larga palmi tre da tutte le faccia, alta un palmo fuori la terra, segnata col segno della croce nella presente forma †, ed attestando concordemente tanto li sudetti esperti, quanto essi Signori Deputati, d’esser quella la confine divisoria delli Feudi di Ceglie ed Ostuni, ha voluto esso Magnifico Principalli, Procuratore ut supra, che delle cose predette farne dovessimo publico atto. Nos enim unde…

Da quel luogo proseguendo il cammino, calando falda falda dal monte, verso ponente, sempre per luoghi disastrosi ed alpestri, tra grosse pietre e sassi, si fecero passi 345 e s’arrivò ad un muro antico, detto la Chiusura della Masseria delli Serri, posseduta presentemente d’Andra Caito e, caminandosi passi 45, termina detto muro, da dove continuando la linea, sempre verso ponente, tra li beni della Masseria di Zila Pampana da gerocco, di Giuseppe Vito Magli di Martina e detti beni della Masseria delli Serri, curvando la detta linea, dopo passi 341 s’arriva il fondo di una valle, che forma il termine di due scoscese e fa una picciola via, che conduce da Cisternino in Ceglie, dove si trova una fineta alta palmi tre da terra, di larghezza palmi due ed un palmo e mezzo di quadratura, segnata nella parte di gerocco col segno d’una croce †, che fa principio al Bosco detto del Cantone in Feudo d’Ostuni. Per le via, caminandosi per linea tortuosa tra il bosco del Cantone e beni di Zila Pampana, finiscono li detti beni e si camina per detta via, tra li beni di Selvaggio da gerocco e detto bosco del Cantone da tramontana e successivamente tra li beni della Masseria di Pruscigliano.

E fattisi passi 1210 s’introduce in un passaturo che volta la linea divisoria verso gerocco. Per il qual passaturo, facendosi passi 399, tra demani serrati ed aperti, trovandosi segni di due calcare, d’un albero grosso di quercia, col segno antico d’una croce, s’arriva ad una cisterna, situata in mezzo al passaturo, chiamata la cisterna del Prete. E proseguendosi il camino per detto passaturo, coverto di macchie, per linea sempre tortuosa, tra li beni della Commenda e chiusura di Pruscigliano, si fanno passi 583 e s’incontra la via Regia carozzabile che si va da Ceglie in Martina. E dalla strada fattasi altri passi 27, sopra la stessa linea, verso gerocco, s’arriva ad un parete divisorio, che chiude la chiusura di Vincenzo de Carolis e divide il Feudo di Ceglie, Taranto della Mensa, giurisdizione di Martina e Feudo d’Ostuni. Quivi tanto il Magnifico Principalli, quanto li detti esperti fecero termine il compasso e vollero, che delle cose predette nel camino di detto giorno, far se ne dovesse publico atto. Nos enim unde….» (continua).

Deduzioni dal testo
(fonte http://unosguardosuceglie-dg.blogspot.com/ )

I nomi delle contrade mutano nei secoli, assumendo molte volte quello del signorotto, proprietario della masseria, come è il caso delle Masserie di Angelo di Magli, Selvaggi e Recupero o il nomignolo del massaro, come il caso di Zila Pampini. L’autore del blog citato ha effettuato ricerche dal Catasto antico del 1603, individuando i nomi censiti a quell’epoca, che probabilmente già avevano sostituito quelli riportati in una pergamena  medievale del 1120.

Le attuali contrade Angelo di Magli, Zila Pampini e Monte Papa formavano un’unica contrada denominata nel 1603 Le Finestre per un totale di 270,5 tomoli cegliesi. Le masserie che ricadevano in questo vasto territorio erano: quella di Cola Vacca (attuale Masseria Angelo di Magli) e La Cupa (corrisponde ai ruderi di masseria Zumpicchio).

L’attuale Masseria Monte Marcuccio, come ricaviamo dal documento in esame, si chiamava Grotta Caldarella e si estendeva per 59,3 tomoli cegliesi, essa ha inglobato anche il territorio dell’antica contrada Castello Grigno o Gorgorusso che si estendeva per  circa 30 tomoli cegliesi.

L’attuale Masseria Selvaggi e parte di contrada Lamia Nova, Menzella e Spasimato erano denominate nel 1630 Monte delli Falconi e si estendeva per 223 tomoli cegliesi.

L’antica Masseria Pruscigliano (attualmente Recupero) si estendeva nel 1603 per circa 504 tomoli cegliesi. A quell’epoca  essa comprendeva anche parte delle attuali contrade: Lamia Nova, Masseria Monte d’Oro Piccolo e parte è rimasta nel territorio di Martina e corrisponde all’attuale Masseria Santoro. A questo territorio usurpato si devono aggiungere altri 123  tomoli dell’antica contrata Sarlo (attuale  Masseria Foggie di Sauro) che erano reclamati dall’Università di Ceglie del Gualdo nel 1603 e che erano stati registrati impropriamente nel Catasto della Franca Martina. Sulla questione del territorio cegliese usurpato dai martinesi, ritornerò la prossima volta.

Dal rogito del 1760 ci siamo già accorti dai nomi, che i proprietari del territorio cegliese, lungo questo confine, erano prevalentemente martinesi, i quali hanno tentato in tutti i modi di registrare questi beni assegnandoli a Martina. Cito come esempio l’antica Masseria Pruscigliano, che mutò nome verso la fine del 1700. Essa era posseduta dal Duca di Grottaglie, Cicinelli, il quale verso la fine del 1600 fece erigere una cappella, dedicata alla Madonna delle Grazie, dove si celebrava la Santa Messa tutte le domeniche dell’anno ed era officiata dal Capitolo cegliese. L’ultimo Duca Cicinelli, non avendo figli maschi, lasciò tutti i suoi beni all’unica figlia, la quale nei primi anni del 1700 sposò un Caracciolo, erede del Ducato di Martina Franca. Fu durante questo periodo che buona parte del vastissimo territorio di Masseria Pruscigliano fu inglobato in quello di Martina. dg