Tra trulli, cummerse e ponticanale

Escursione alla scoperta del Canale di Pirro, nelle campagne di Fasano e Locorotondo lungo la Via Verde del Canale Principale dell’Acquedotto Pugliese

Un itinerario di 100 anni fa

Cronaca di un’escursione  fra la Contrada San Marco, in agro di Locorotondo e la Contrada Pasqualicchio, in agro di Fasano, organizzata, questa volta a piedi e non in bicicletta, dai Cicloamici della sezione FIAB  di Mesagne in collaborazione con il GAL Valle d’Itria, l’AQP e l’Associazione San Marco.

Ho avuto modo di conoscere e percorrere, in compagnia di tante persone animate dalla mia stessa passione e curiosità,  un bellissimo itinerario naturalistico e rurale. Un itinerario che si sarebbe potuto compiere in maniera pressoché identica cento e più anni fa, quando il Canale di Pirro fu attraversato, ma senza essere massacrato o sacrificato in nome del pubblico interesse, dall’Acquedotto del Sele-Calore, un’opera ingegneristicamente mastodontica lunga 244 chilometri che, sfruttando la sola pendenza naturale, partendo dalla sorgente Sanità che dà vita al fiume Sele, il Silarus dei romani, alle pendici del gruppo montagnoso del Cervialto in Irpinia, fa passare sotto terra ed attraverso ponti del tutto simili a quelli costruiti venti secoli prima dai romani, le condotte con la fresca e cristallina acqua corrente che ha dissetato e ancora disseta una regione arsa come la Puglia.

Una leggenda da sfatare

Innanzi tutto va sfatata la leggenda secondo cui il nome di questa estesa cavità di origine carsica, causata nel corso dei millenni dall’erosione e parziale dissoluzione delle rocce calcaree da parte delle acque meteoriche filtranti attraverso fenditure nel sottosuolo, sia dovuto al fatto che Pirro, il re dell’Epiro che cercò di invadere l’Italia meridionale nel 280 avanti Cristo, forte di un esercito di oltre ventimila uomini e venti elefanti che inizialmente seminarono il terrore fra le truppe romane che non sospettavano nemmeno l’esistenza di questi imponenti pachidermi, sia venuto a battagliareda queste parti, sia perchè quella che poi passò alla storia come la vittoria di Pirro (che oggi sta a significare un successo casuale quanto effimero) si svolse ad Heraclea, nei pressi di Policoro, a 70 chilometri di distanza, mentre poi il vero e proprio scontro fra l’esercito epirota e quello romano si svolse a Maleventum, ribattezzato poi Beneventum per celebrare la schiacciante e definitiva vittoria romana che diede il via alla latinizzazione dell’Italia, sia perché non vi sono  evidenze storiche e archeologiche nemmeno del passaggio di Pirro con il suo esercito da queste parti.

Il nome con cui da secoli viene chiamato questo “canale” deriva, piuttosto, da una deformazione fonetica del termine pile. In antichi scritti in pergamena risalenti ad epoca medioevale, infatti, il Canale di Pirro era denominato “Canale delle Pile” e questo toponimo è dovuto con ogni probabilità alla presenza a fondo valle di numerose cisterne circolari costruite in pietra, alte un paio di metri, le pile appunto, che venivano utilizzate dai contadini per raccogliere e conservare le acque piovane che confluivano dai fianchi delle colline ed in cui venivano convogliate da un complesso sistema di canalizzazioni, in parte ancora visibili (una pressocchè integra si trova dalle parti di Castellana Grotte all’interno di una valle carsica). Dal momento che le pile erano chiamate in dialetto locale “pirr”, si è pensato al passaggio del re dell’Epiro diretto a Taranto e ne è nata la relativa leggenda.

Contrada San Marco

Il punto di raduno è fissato al mattino nella popolosa Contrada San Marco a pochi  chilometri da Locorotondo ed essendo arrivato di buon ora posso concedermi una accurata visita alla bella chiesa che dà il nome all’intera contrada; si tratta di  un edificio risalente al XVII secolo, costruito sulle rovine dell’antica chiesetta medioevale dedicata alla Maddalena,  con una suggestiva pianta a tao, i cui  due transetti laterali sono stati costruiti in epoche successive e diverse per soddisfare le esigenze di una popolazione  che andava sempre più crescendo.

Ciò che rende particolarmente caratteristico questo edificio sacro è la sua copertura con tetti a “cummerse” fatti con le chiancarelle tipiche dei trulli – le cummerse sono abitazioni tipiche dal tetto spiovente (il nome deriva da “cum vertice” proprio per la conformazione del tetto) che risalgono al XIV secolo, prima ancora della nascita dei trulli; il tetto spiovente serviva per la raccolta dell’acqua piovana, che scivolava così verso le grondaie laterali, inoltre erano costruite con l’utilizzo della malta e su due livelli con, all’interno, delle scale molto ripide –  che caratterizzano molte antiche costruzioni tipiche della valle d’Itria fra Locorotondo e Fasano. In cima alla facciata della chiesa è posta una grande croce in pietra. Pur trovandoci in provincia di Bari, questa chiesa, come tutto il vicariato di Locorotondo, fa parte dell’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni.

A fare gli onori di casa, l’Associazione San Marco, che da anni cura gli eventi legati alla cultura ed alle tradizioni popolari di questa contrada e che, nell’occasione, offre anche una ricca colazione ai quasi cento partecipanti all’escursione; seguono, prima della partenza, i saluti dell’ing. Girolamo Vitucci dell’Acquedotto Pugliese, che ha patrocinato la manifestazione, il quale racconta la storia e sottolinea le peculiarità del tracciato dell’acquedotto pugliese che attraversa, senza averlo deturpato, questo lembo di terra e che sta diventando sempre più un sentiero naturalistico da percorrere in bici o piedi, immersi nella natura, e di Antonio Bufano che, oltre ad essere sindaco di Locorotondo è fiero abitante di questa contrada. 

Va precisato quel che sono e rappresentano le oltre cento contrade che costellano l’agro di Locorotondo, alcune delle quali, come quella di San Marco, sono dei veri e propri borghi abitati tutto l’anno, anche se in estate la popolazione, con l’apporto dei villeggianti, decuplica. In origine erano piccoli agglomerati rurali che, usufruendo di alcuni spazi ad uso comune, come aie, depositi, palmenti e, a volte anche chiesette rurali,  attiravano ed accoglievano famiglie di contadini che, spinti dalla necessità, ma anche dalla coscienza di essere una comunità, collaboravano tra lorostringendo dei veri e propri  patti sociali di reciprocità in base ai quali, non disponendo di denaro, si scambiavano, come una sorta di banca del tempo,  giornate di lavoro che potevano essere impiegate per la raccolta nei campi, per accudire gli animali, per la costruzione o manutenzione di manufatti agricoli o casette ed altro, ancora a seconda delle necessità e possibilità di ciascuno.

Contrada Pasqualicchio

Ci muoviamo attraverso sentieri a volte talmente stretti fra muretti a secco e vegetazione sporgente da dover procedere in fila indiana, alla volta proprio di uno di questi antichi complessi abitativi, fatto di cummerse e trulli, la Masseria Pasqualicchio, nell’omonima contrada, che il proprietarioFernando Tritsher ed i suoi vicini di contrada, hanno il piacere di farci “invadere” e visitare fino ad entrare all’interno delle costruzione e salire sul tetto da cui si vede un bellissimo spaccato del Canale dove, in cima al versante più alto e scosceso della valle si erge e spicca il Minareto della Selva di Fasano che funge in qualche modo da sentinella e da stella polare per chi girovaga nelle campagne e nei boschi che mai potrà perdere l’orientamento: ovunque ci si trovi basta , infatti, volgere in alto lo sguardo e l’alta torre è lì a rassicurare che tutto va bene.

Immagini dalla contrada Pasqualicchio

L’agronomo Felice Suma, grande esperto di olivicoltura e agricoltura biologica  che da anni si spende per la tutela e la valorizzazione del patrimonio rurale e naturalistico della Murgia sud-orientale, ci guida alla conoscenza dell’aia e del palmento dove si lavorava l’uva per trasformarla in vino, ma ci tiene anche a spiegare l’importanza che in tempi antichi ha avuto il Fragno (Quercus troiana), un albero  esistente, oltre che nei Balcani, solamente in questa parte di Italia fra Ceglie Messapica e la Valle d’Itria, con il cui resistentissimo legno si sono costruiti per secoli indistruttibili attrezzi agricoli e che i veneziani, che per qualche tempo furono dominatori anche di questo lembo della Puglia, sfruttarono alla grande sia per la costruzione delle imbarcazioni che per palafittare le costruzioni lagunari. Con le grosse ghiande, poi, venivano nutriti gli animali.

Masseria e Giardini Pistola

Rimessici in cammino, rifocillati da  un’ottima focaccia al pomodoro offertaci dai “contradaioli”, giungiamo dopo un’ora di cammino alla suggestiva e da poco ristrutturata Masseria Pistola, inContrada Cocolicchio di Fasano,  nel cuore del canale di Pirro, acquistata alcuni anni addietro da una società inglese e trasformata in un luogo di vacanze esclusive  nei mesi estivi, che ci viene gentilmente fatto visitare, assieme al giardino botanico, dalla referente dei proprietari, Federica Barnaba; oltre al complesso di trulli spicca la imponente cummersa centrale e la chiesetta, nello stesso stile coi tetti spioventi in chiancarelle, la cui costruzione, da quanto inciso sul portale, risale al 1778.

Immagini da Masseria e Giardini Pistola

Per la pausa pranzo approfittiamo oltre che della ospitalità e di ciò che ci viene offerto, anche della attrezzatissima area picnic del Giardino Pistola, e l’agronomo Gianfranco Ciola illustra le virtù dei prodotti bio dell’Azienda Agricola Colummella di Ostuni, così denominata in  memoria dell’antico studioso di cose agricole, vissuto nella prima età imperiale, Lucio Giunio Moderato Columella, che scrisse il trattato “De re rustica”, in dodici volumi,  giunto integralmente fino a noi, che rappresenta la maggiore fonte di conoscenza sull’agricoltura romana. In questa opera egli descrive gli oliveti a nord di Brindisi in cui gli ulivi sono distanti 60 piedi romani l’uno dall’altro, ovvero 18 metri ed è notevole che molti oliveti in questo territorio conservano ancora l’antico sesto di impianto romanoquando la grande quantità di olio prodotto in queste terre, attraverso la Via Traiana, che percorre la Piana degli olivi monumentali costeggiando il are adriatico raggiungeva attraverso il porto di Brindisi, tutto il mondo allora conosciuto.

Bosco Calmerio e Pontecanale di Cecca

Lasciata alle spalle la Masseria Pistola, imbocchiamo la parte più selvaggia e tortuosa del percorso per risalire, attraversando sentieri stretti e ciottolosi tratti di boscaglia a volte anche fitti, verso uno dei crinali del Canale di Pirro. 

E’ il posto giusto per lasciare la parola a Paola Pino d’Astore, la biologa responsabile del Centro Fauna Selvatica della Provincia di Brindisi-Santa Teresa spa, che, dopo aver illustrato le peculiarità faunistiche della zona,  risponde al fuoco di fila delle domande dei presenti, incentrate anche sulla eventuale presenza di lupi e cinghiali nel brindisino.

Le risposte confermano la sporadicità degli attraversamenti da parte di lupi erratici e non di branchi strutturati che,  non costituiscono un pericolo per l’uomo, dei territori della provincia e della ancora più occasionalepresenza di cinghiali, dal momento che quei pochi di cui si ha notizia, sono probabilmente animali fuggiti da masserie o cortili di caseggiati campestri, per cui ogni genere di allarmismo appare, quanto meno, fuor di luogo.

Giungiamo, infine, al sentiero dell’Acquedotto Pugliese che si snoda per alcuni chilometri sul ciglio del Canale, con paesaggi mozzafiato che abbracciano boschi, colline, masserie, contrade, campi coltivati, ma anche tratti di natura selvaggia ed incontaminata, che si possono godere dagli affacci dei vari ponti, al cui interno passano le condotte di acqua potabile che scorrono interrate proprio sotto i nostri piedi. Attraversiamo anche il più alto e lungo di questi “via-acquedotti” che tanto ricordano quelli degli antichi romani i cui resti ancora si possono ammirare in varie parti d’Italia, il Ponte della Cecca, a quota 400 metri sul livello del mare, sotto il Monte Tondo, posto dirimpetto alla Selva di Fasano da cui il suggestivo ed imponente Minareto continua a sorvegliarci. 

Quasi terminato il percorso ad anello, mentre ritorniamo al punto di partenza, cioè Contrada San Marco, ed al tramonto del sole manca davvero poco, il senso di pace e concordia con la natura circostante viene bruscamente interrotto dai continui spari di un gruppo di cacciatori incuranti del nostro passaggio – e delle nostra urla – e, se è vero come è vero, che in questo periodo la caccia è aperta, è ancor più vero che, quanto meno per prudenza, non si dovrebbe mai sparare mentre c’ègente che passa vicino.

Ancora un’altra oretta di cammino per ritornare, quando è già buio, dopo otto ore di camminata, nei pressi della chiesa di San Marco proprio mentre dalla vicina nuova e più grande parrocchia, intitolata allo stesso santo, suonano le campane per annunciare la messa domenicale della sera. 

Alessandro Caiulo

Il programma dell’evento

Associarsi e sostenere l’Associazione Cicloamici FIAB Mesagne

L’associazione Cicloamici da oltre 20 anni svolge azione di volontariato. Chi condivide gli scopi staturi e vuole sostenerci può associarsi e/o offrire libere donazioni. Le attività ambientaliste e di tutela degli utenti deboli della strada non hanno dato tregua ad amministratori disattenti e agli inquinatori. L’associazione non retribuisce i propri attivisti ma deve sostenere spese diverse per promuovere le proprie attività e le spese di gestione della sede sociale.

Foto

(di Antonio Licciulli)

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