Convegno su Giulio Cesare Vanini e il Seicento

A Mesagne il 17 febbraio nell’anniversario del rogo del Nolano un omaggio a Giulio Cesare Vanini il “Giordano Bruno di Puglia”

Il 9 febbraio 1619, per determina della “Santa” Inquisizione veniva torturato e portato a morte Giulio Cesare Vanini filosofo di Taurisano (Lecce). Nel seicento Giulio Cesare Vanini Giordano Bruno, Baruch Spinoza, Galileo Galilei con la loro testimonianza hanno acceso la fiaccola dell’Illuminismo. Questo il tema del convegno che si terrà a Mesagne nell’auditorio Castello comunale ore 18:00 nell’anniversario del rogo di Giordano Bruno (17/02/1600).
Il professore di storia di filosofia moderna dell’Università del Salento Mario Carparelli, uno dei massimo studiosi di Vanini racconterà la vita e la fortuna di quello che può essere definito il più famoso tra i filosofi di Puglia, conosciuto e studiato più in Germania Francia Inghilterra che non in Italia.
A Mesagne il seicento, il secolo di Vanini, Galileo e Bruno fu un un secolo di fermento. Ebbe i natali a Mesagne e ne fu sindaco il medico Epifanio Ferdinando. Si sviluppò per il suo tramite l'”accademia degli affumicati”. A contestualizzare il seicento a Mesagne contribuirà Enzo Debonis del centro studi Antonucci.
L’evento di svolge sotto il patrocinio del Comune di Mesagne ed è organizzato dall’associazione Cicloamici FIAB Mesagne e dal Centro Studi Antonucci.

Programma


Saluti:  Antonio Matarrelli sindaco
Interventi:
Enzo Debonis “Epifanio Ferdinando e l’accademia degli Affumicati nella Mesagne del ‘600”
Mario Carparelli “Giulio Cesare Vanini, il filosofo, l’empio, il rogo”
Altri interventi domande e dibattito
Modera: Antonio Licciulli
Buffet allo chalet dopo il convegno tutti invitati alla sede sociale dei Cicloamici e Centro Studi Antonucci, ovvero lo Chalet delle associazioni alla villa comunale. La formula bel collaudata è che si mangia quello che si porta. Il professore di cucina Pasquale Monopoli coordinerà i lavori di allestimento del buffet.

Le foto dell’evento

Giulio Cesare Vanini in pillole

Giulio Cesare Vanini (Taurisano19 gennaio 1585 – Tolosa9 febbraio 1619) è stato un filosofomediconaturalista e libero pensatore italiano. Due gli scritti principali pubblicati durante il suo esilio in Francia : Amphitheatrum Æternæ Providentiæ divino-magicum, christiano-physicum, necnon astrologo-catholicum adversus veteres philosophos, atheos, epicureos, peripateticos et stoicos, pubblicato a Lione nel 1615 e De admirandis Naturae Reginae Deaeque mortalium arcanis libri quatuor stampato a Parigi nel 1616 .
L’ultima rappresenta il suo capolavoro e la sintesi della sua filosofia. Viene negata la creazione dal nulla e l’immortalità dell’anima, Dio è nella natura come sua forza propulsiva e vitale, entrambi sono eterni. Gli astri del cielo sono una specie di intermediari tra Dio e la Natura che sta nel mondo sublunare e di cui noi facciamo parte. La religione vera è perciò una “religione della natura” che non nega Dio ma lo considera un suo spirito-forza.
Il pensiero di Vanini è abbastanza frammentario e riflette anche la complessità della sua formazione, perché era un religioso, un naturalista, ma anche un medico e un po’ un mago. Ciò che ne caratterizza la prosa è la veemenza anticlericale. Tra le cose originali del suo pensiero c’è una specie di anticipazione del darwinismo, perché, dopo un primo tempo in cui sostiene che le specie animali nascano per generazione spontanea dalla terra, in un secondo tempo (lo aveva già pensato anche Cardano) pare convinto che esse possano trasformarsi le une nelle altre e che l’uomo derivi da “animali affini all’uomo come le bertucce, i macachi e le scimmie in genere”

Prima del rogo

“Ma di fronte alla morte, come era già accaduto a Bruno, riacquistò la sua dignità, il suo coraggio e il suo orgoglio. Diede una pacca sulla spalla al carnefice quando costui venne a prelevarlo per portarlo al patibolo, e pronunciò la frase più sublime che filosofo abbia mai pronunciato: “Andiamo allegramente a morire da filosofo”. Prima del rogo, gli fu strappata la lingua con le tenaglie, essendosi egli rifiutato di tirarla fuori. Si sentì un urlo, si racconta, che mai esseri umani avevano udito. Socrate, al confronto, ebbe una morte dolce. Sia di monito ai facili disprezzatori o riduttori della filosofia” (Sossio Giametta).

Medaglione di Vanini al monumento a Giordano Bruno in Campo de’ Fiori. Sotto il mento, una piccola effigie di Martin Lutero[1], immagine da wikipedia.

Il 9 febbraio 1619 veniva bruciato a Tolosa Giulio Cesare Vanini.

https://it.wikipedia.org/wiki/Giulio_Cesare_Vanini

Giordano Bruno

Statua di Giordano Bruno in campo dei fiori

Gli otto medaglioni sono disposti a due a due per ogni lato del basamento e rappresentano alcuni degli intellettuali che nei secoli hanno sfidato il potere ecclesiastico. I volti prescelti per ogni lato furono quelli di: Paolo Sarpi e Tommaso CampanellaPietro Ramo e Giulio Cesare VaniniAonio Paleario e Michele ServetoJohn Wyclif e Jan Hus,[11] quasi tutti in qualche modo riconducibili all’oppressione al libero pensiero che fu esercitata dalla Chiesa cattolica. L’unica eccezione è Michele Serveto, medico ed eretico spagnolo bruciato al rogo a Ginevra dai calvinisti.

Epifanio Ferdinando

Epifanio Ferdinando (Mesagne2 novembre 1569 – Mesagne7 dicembre 1638) è stato un medico e filosofo italiano.

Chiamato “il Vecchio” per distinguerlo dal figlio, fu docente di medicina e filosofia oltre che Sindaco di Mesagne per ben due volte, e uno dei medici più famosi e colti della Puglia di inizio Seicento. Epifanio Ferdinando (il Vecchio), definito dai suoi concittadini “Socrate Salentino”, studiò grammatica, poetica, greco e latino sotto la sapiente guida, in Mesagne, di Francesco Riccio, intimo amico di Paolo e Aldo Manuzio. Si trasferì successivamente a Napoli nel 1588 dove studiò medicina , filosofia, geometria e matematica prima di conseguire la laurea in filosofia e medicina nel 1594. Tornò poi a Mesagne dove prese in moglie la ventinovenne Giordana Longo-Pecoraro, da cui ebbe dieci figli, ed esercitò la professione di medico fino alla sua morte avvenuta il 7 dicembre del 1638.
Nel 1611 affidò la pubblicazione del suo primo libro “Riflessioni di Medicina e Filosofia” (Theorema Medica et Philosophica) al Veneziano Tommaso Baglioni che ne fece una pregievole edizione. Nell’anno successivo (1612) pubblicò in Napoli in altro libro che dedicò al Papa V dal titolo:” Sui modi di allungare la vita ovvero di mantenere la giovinezza e ritardare la vecchiaia” “De Vita proroganda… ecc.”, conosciuta anche come Macrobio. Di questo periodo sono anche gli opuscoli: Sul clima di Mesagne (dedicato al principe Giovanni Albricci II), “vizi dei nobili” (dedicato a Francesco Albricci), zio di Giovanni, “il morso della tarantola” che inserì poi nell’opera “Centum Historiae”.
Curiosità: Anche Epifanio Ferdinando era di origini spagnole, come la madre di Vanini. Ferdinando sembra che derivi da FERRANTE.
Come Vanini Epifanio Ferdinando ha studiato a Napoli ed è stato a Padova.
Come Epifanio Ferdinando nelle sue Centum Historiae,
Vanini ha scritto sulla cura musicale dei pugliesi morsi dalla taranta (De admirandis, 1616, cap. 57, pagg. 444–448).

L’accademia degli Affumicati

In Mesagne Epifanio Ferdinando tenne una Scuola di Filosofia e Medicina, con lezioni pratiche al letto dell’ammalato, come anche anche di Matematica. Di tale insegnamento si giovarono i figli ed altri giovani, mesagnesi e forestieri; tra questi: Scipione Massa di Oria, Filippo Bianchetti di Manduria, Giacomo Arnò di Corigliano, Giovanni Camillo Petraroli di Ostuni, Giovan Pietro Beniducci di Francavilla Fontana, ecc. Erano i primi anni del ‘600 e grazie a questa Scuola nacque a Mesagne una Istituzione culturale, in particolare letteraria, denominata Accademia Messapiensis, che con buona ragione si dice fondata da Epifanio Ferdinando. L’accademia Messapiensis diventerà, nel 1671, ovvero mezzo secolo dopo la morte del Vanini, l’Accademia degli Affumicati. Anche Epifanio Ferdinando era già morto nel 1638. Il fuoco che anima questi accademici e presente nell’Impresa dell’Accademia non è chiaramente rapportato al fuoco che diede morte al Vanini o al Giordano Bruno, ma non dimentichiamo che si era in un momento particolare, dove si finiva in prigione soltanto per un sospetto e dove si rischiava il rogo per una parola di troppo. E’ il periodo dei simboli, che non parlano ma sono compresi da chi è stato istruito a comprenderli. L’alchimia, a quel tempo era scienza. Il fuoco che rivive dopo aver bruciato si ritrova tra i simboli degli accademici Affumicati, con chiaro (ma non tanto chiaro) riferimento alla Fenice che rinasce dalle sue ceneri. Degli Affumicati ci rimane ben poco, ma anche questo poco può essere fonte di riflessioni sull’epoca in cui hanno vissuto e sugli avvenimenti di quel secolo.

Epifanio Vanini e il tarantismo

Epifanio Ferdinando e Giulio Cesare Vanini si sono interrogati sulla natura del tarantismo, o tarantolismo, dopo essere venuti a conoscenza delle cure previste dalla tradizione popolare per questo morbo, tra cui la più importante di tutte è senza dubbio la “musico-terapia”somministrata al malato da vere e proprie orchestre composte da violinisti, chitarristi e soprattutto tamburellisti a pagamento. Proprio il tamburello assume una funzione fondamentale in questo tipo di terapia poiché scandisce il tempo modificando via via il ritmo del brano che, divenuto frenetico, viene assecondato dai movimenti della danza del tarantato. La credenza vuole che il malato dopo essere stato morso dovesse espellere il veleno scatenandosi a ritmo di musica. Epifanio Ferdinando, nelle sue Centum Historiae analizza il caso di un suo giovane concittadino, tale Pietro Simeone, pizzicato mentre dormiva di notte in un campo. Il medico credette fermamente nella musica come terapia “certissima” criticando chi sosteneva che il tarantismo non fosse necessariamente scatenato da un morso tanto reale quanto velenoso. Inoltre, fu il primo a proporre come metodo di cura per i tarantati morsi da tarantole le malinconiche (nenie funebri).

La ruota del dharma

Il cicloamico è un ciclista non agonista, è un contemplatore ed un pensatore. Pedalando la mente si ossigena, si riempie di ossigeno e pensieri, poi pian piano si riempie di colori odori e infine … si svuota. Piccolo trattato su ruota e “ciclosofia”

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