Splendore e declino di Scuolepie, masseria nella Murgia dei Trulli

La storia esemplare di una masseria in agro di Ceglie Messapica

La storia di Masseria Scuolepie è esemplificativa della storia di tante masserie della Murgia dei trulli. Edificata tra il XVI e XVII secolo è stata per lungo tempo bene ecclesiastico passata di mano in seguito alle leggi dell’eversione feudale degli inizi dell’ottocento. Il sistema delle masserie ha rappresentato per secoli il fulcro del sistema economico e di gestione del territorio. Possedere o gestire una masseria era sinonimo di prestigio e ricchezza. Oggi molte di queste antiche masserie subiscono l’abbandono e l’erosione del tempo, altre sono trasformate in lussuosi resort lontanissime dalle originali vocazioni. Quale sarà il destino delle tante masserie della Murgia dei trulli nel terzo millennio? Il lento sgretolamento dopo l’abbandono o la trasformazione in hotel a 5 stelle. E’ ancora possibile rispettarne la vocazione agricola e di presidio del territorio?
Questo lavoro mira intanto a mettere al sicuro la memoria dei fatti di storia e di vita che si sono consumati a Masseria Scuolepie e si compone di una descrizione delle vicende storiche della masseria ed in particolare della successione dei possessori. Segue la ricostruzione delle vita quotidiana in masseria nella metà del secolo scorso ottenuta da una intervista a Giuseppe Montanaro. Un ampio reportage fotografico consente di ammirare la bellezza e la funzione dei luoghi.

Vedute aeree della masseria del frantoio e dell’ovile

Il lascito del 1678 del Marchese Imperiali ai padri Scolopi

Come tante altre masserie, anche Masseria Scuolepie era una proprietà ecclesiastica. Apparteneva prima dell’ottocento ai padri scolopi ed era stata acquisita mediante un lascito testamentario del marchese Andrea Imperiali. Secondo i piani del principe Imperiali di Francavilla doveva servire ai padri Scolopi per sostenere le loro opere caritative, culturali e pedagogiche, senza dover dipendere totalmente dalle elemosine dei benefattori.
Come si rileva da un atto notarile, la masseria era stata acquistata dagli Imperiali al precedente proprietario tale Bonaventura Isnaldi di Ceglie nel 1681. Ancora nella topografia del 1830 ne possiede doppia denominazione “Isnaldi ossia Scuolepie”.
(“Don Andrea Imperiali, V° Marchese di Oria e II° Principe di Francavilla, e qui morto il 25 novembre 1678, così disponeva nelle sue volontà testamentarie: « … Legato di lire duemila da impiegarsi per l’introduzione in detta terra di Francavilla dei Padri delle Scuole Pie… ».) .
Il lascito di 2000 ducati era dato per insediare i preti Scolopi a Francavilla con “l’obbligo della educazione gratuita e dell’assistenza ai moribondi” .
(http://www.brundarte.it/2016/03/30/la-chiesa-s-sebastiano-le-scuole-pie-francavilla-fontana-br/)

Andrea Imperiali principe di Francavilla


Andrea Imperiali Marchese di Oria e principe di Francavilla discendeva da una autorevole famiglia Genovese, i Tartaro, che per concessione dell’Imperatore bizantino Andronico II Paleologo ottennero di poter utilizzare l’aquila imperiale ne proprio stemma, da cui la denominazione a Imperiali. Gia in vita Andrea Imperiali era riconosciuto come un filantropo e benefattore ed alla morte volle, con la donazione agli Scolopi, che la sua opera filantropica durasse nel tempo.

Gli Scolopi, chierici regolari poveri

Gli Scolopi erano sacerdoti regolari appartenenti alla congregazione delle Scuole pie. L’ordine religioso di controriforma degli Scolopi («chierici regolari poveri della Madre di Dio delle Scuole pie») fu fondato a Roma da San Giuseppe Calasanzio nel 1617 e approvato nel 1621.
Grazie al lascito testamentario di Andrea Imperiali e al supporto economico fornito dal fratello Giuseppe Renato, chierico e poi cardinale, gli scolopi si insediarono a Francavilla. I primi sei giunsero nel 1682 ma solo nel 1696 iniziò la costruzione del collegio e della Chiesa. Il collegio, chiamato Real Collegio Ferdinandeo, operò fino al 1867 con la interruzione nel periodo murattiano e la definitiva soppressione nel periodo unitario. Il collegio divenne una scuola prestigiosa (l’equivalente di una scuola secondaria con convitto) con insegnanti rinomati che formò molti intellettuali francavillesi e dei paesi limitrofi nel periodo borbonico. Tra questi anche il latianese Bartolo Longo.
Il fine principale dell’ordine è l’educazione e l’istruzione della gioventù. Le rendite di masserie Scuole Pie erano dunque presumibilmente destinate anche a sostenere questo collegio.

Il collegio degli Scolopi e la chiesa di San Sebastiano a Francavilla Fontana

Come anticipato l’acquisto della masseria fu un atto lungimirante degli Impereriali inteso a garantire una entrata fissa per consentire all’ordine religioso di proseguire la sua missione di educazione e chiaramente “evangelizzazione” di bambini poveri. Oltre la masseria gli Scolopi possedevano in Ceglie Messapica altri beni. In un documento del Ministero delle Finanze borbonico, datato 1811, risulta che il collegio pagava “per l’annuo canone” la somma di “carlini trentatre al Beneficio di Santa Maria della Carità della Terra di Francavilla”. Il Collegio possedeva alcuni orti in un luogo anticamente nominato di Calamuscio (oggi via Bottega di Nisco), anticamente confinanti con il trappeto detto Forleo, di proprietà dei frati domenicani, e con la località detta Morigini (odierna Moriggini).
I padri Scolopi mantennero la masseria fino alle leggi eversive delle proprietà feudale ed ecclesiastica, emanate da Giuseppe Bonaparte tra il 1806 e il 1809, allo scopo di ridurre l’esorbitante numero dei sacerdoti regolari ritenuto un peso eccessivo per le popolazioni del Regno di Napoli e ridistribuire le enormi ricchezze fondiarie di proprietà ecclesiastica e monastica.

complesso di trulli adiacente il corpo di fabbrica di masseria Scuole pie

Masseria Scuolepie nel catasto del 1816

Per formarci una idea della conduzione e della opulenza di questa masseria tra il settecento e l’ottocento ci viene in soccorso il “Catasto provvisorio di Ceglie” compilato nel 1816, in cui viene descritto di tutto il territorio comunale. Lo scopo del catasto era di stabilire, in maniera precisa e razionale, quale contribuzione fondiaria spettasse ai proprietari dei terreni. Masseria delle Scuole Pie risultava nell’Amministrazione de’ Maggiorati Reali, per effetto delle leggi eversive murattiane. Nel catasto è riportata la consistenza e la natura delle terre appartenenti alla masseria: “un oliveto di cinque tomoli e 1 stoppeto di prima classe, 5 tomoli di seconda classe, con una rendita imponibile di 95 ducati; un bosco di 10 tomoli di prima classe, 10 di seconda classe e altrettanti di terza con una rendita di 65 ducati; un fondo semenzale di 30 tomoli di prima classe, 50 di seconda, e 63 di terza con una rendita 284,50 ducati; una casa rustica che corrispondeva, quasi interamente, all’attuale corpo di fabbrica e alle strutture di servizio, considerata solo di prima classe con una rendita netta imponibile di 20 ducati”. Si tratta, dunque, di un complesso masserizio di tutto rispetto, con i tetti dei fabbrichi a doppio spiovente, embricati con i consueti coppi locali di creta che, anneriti dal sole e dagli agenti atmosferici, hanno assunto una fisionomia singolare, specifica della Murgia dei Trulli, sulle cui estreme pendici la masseria si alza, prima che esse digradino definitivamente verso la piana salentina. Da segnalare lo iazzo per il ricovero degli ovini e l’ottocentesco edificio, costruito con conci in pietra viva di Ceglie, che fa da copertura al frantoio, il quale insiste su un vasto trappeto ipogeo, allogato in una cavità carsica distante dalla totalità del complesso masserizio.

I Verusio nuovi proprietari e duchi di “Ceglia di Brindisi”

Il feudo di Ceglie, detto Ceglia di Brindisi, in Terra d’Otranto e in diocesi di Oria, nel 1584 apparteneva a Ferdinando Sanseverino, conte di Saponara, nel 1641 subentrarono i Lubrano che ottennero il titolo di duca di Ceglie, poi il ducato passò ai Sisto y Britto e, infine, nel 1862 alla famiglia Verusio.
Nell’ottocento masseria scuolepie appartenne a Raffale Sisto duca di Ceglie che morì nel 1861 senza lasciare eredi. I suoi beni passarono alla sorella Marianna che sposò il marchese Raffaele Verusio. Il titolo di marchese pervenne da Raffaele al figlio Luigi Verusio († 1894) che sposò Giulia Navarro.
Nel libro “Ceglie Messapica dal 1799 al brigantaggio post-unitario” di Ciraci e Santoro viene riportato un episodio : “il sacerdote Francesco Elia nel marzo 1865 non volle somministrare la comunione al liberale marchese Luigi Antonio Verusio che risultava acquirente dei beni ecclesiastici. E dunque si può dedurre che il Verusio avesse acquistato all’incanto le masserie ecclesiastiche confiscate durante il periodo post unitario o durante il periodo murattiano/napoleonico. Verificheremo quanto prima negli archivi di stato se Scuole Pie faceva parte di queste acquisizioni valutate illegittime dal sacerdote che rifiutò la comunione al Verusio.
Nel 1901 il titolo di duca, la masserie e i beni passarono al secondo genito di Luigi, Francesco Verusio, che ottenne pure il titolo di Duca di Ceglie (Ceglia di Brindisi). Insieme al titolo e a masseria Scuolepie Francesco ereditò le masserie di Fragniti, Castelluccio, Giuseppe Nisi, Sardella, Montecalvo, Falascuso, Casino Foresta e il castello di Ceglie Messapica.
Per masseria Scuolepie i duchi di Ceglie Mesapica stipularono contratti di mezzadria con i massari che la conducevano.
Diversa sorte toccò alle altre masserie di proprietà: masseria Monte Calvo e Masseria Seppunisi furono vendute per intero. Masseria Seppunisi fu (s)venduta a dei mercanti di legna. Seppunisi aveva una estensione di quasi 200 ettari la maggior parte boschivi. I boschi furono distrutti per fare legna. La masseria fu poi rivenduta al massaro Paolo Bruno insieme con circa 40 ettari di seminativo e boschi. Il resto della terra oramai disboscata fu frazionata e rivenduta.

La gestione dei mezzadri Montanaro

Negli anni sessanta la famiglia Verusio, i duchi di ceglie, viveva nel castello di Ceglie Messapica e dal castello amministravano un grande patrimonio di terreni e masserie.
A partire dagli anni 30 la famiglia Verusio stipulo un contratto di “mezzadria” con il massaro Martino Montanaro. La gestione della masseria da parte della famiglia Montanaro è durata praticamente una eternità, dagli anni 30 fino alla prima decade del 2000 con una continuità di oltre 90 anni. Al massaro Martino è succeduto nella gestione il figlio Vito. Questa lunga gestione è segno di una “felice” collaborazione tra la famiglia Verusio e la famiglia Montanaro. Tipicamente i contratti di mezzadria erano considerati annuali con la possibilità di un rinnovo tacito. Una contesa legale ha alla fine terminato la gestione Montanaro.
Vito Montanaro aveva 8 figli (5 femmine e 3 maschi) tutti attivamente coinvolti nei lavori della masseria. Vivevano o lavoravano in masseria inoltre il pastore che dedicava l’intera giornata all’accudimento di pecore capre e mucche. Altre figure di lavoratori e operai erano presenti: carrettieri e aratori.
Le notizie sono state apprese nel corso di una intervista a Giuseppe Montanaro (peppe di Montereale) e a Giuseppe Burno (Pinuccio di Seppunisi). Giuseppe Montanaro (Peppe di Montereale) che ha vissuto la sua infanzia a Scuolepie uno dei 3 figli maschi del massaro che per molti anni ha gestito a mezzadria la masseria.

Intervista a Peppe di Montereale figlio del massaro Martino Montanaro


Giuseppe (classe 1938), era uno dei figli di Martino Montanaro. Giuseppe ha vivissimi i ricordi della infanzia trascorsa negli anni 60 a Scole Pie. Ed è capace di trasformare i suoi ricordi in racconti ed aneddoti sulla vita in masseria negli anni sessanta.
Secondo gli accordi di mezzadria i massari dovevano consegnare per contratto una quantità minima di derrate alimentari. Giuseppe ancora ricorda: 400 uova, 30 polli, 20 ricotte, chili di formaggio, fichi, noci etc etc.
Per quanto riguarda i profitti rinvenienti dall’uliveto della masseria, al momento della consegna e della vendita delle olive, il mezzadro e il duca si presentavano al compratore che pagava in contati direttamente a duca e mezzadro 2 quote uguali. Peppe stima che l’estensione originale fosse 160 ettari (in buon accordo con la valutazione effettuata nel catasto del 1816 in cui la masseria risultava di circa 190 tomoli ovvero 150 ettari).
A metà del novecento la proprietà viene frazionata ed in parte venduta dai Verusio. Il corpo di fabbrica insieme al frantoio ipogeo e all’ovile rimane di proprietà insieme ad un appezzamento di circa 60 ettari il resto della proprietà è stata venduta a brandelli di 4-5 ettari. Negli anni 60 il frantoio non era in gestione ai Montanaro e non era più in produzione. Ma c’erano i torchi e la ruota in pietra del mulino. Purtroppo macina e torchi sono spariti come risulta dalla nostra documentazione fotografica.
Sorte simile è toccata a molte delle masserie in agro di Ceglie che inizialmente avevano ampie estensioni di centinaia di ettari.

La duchessa indispettita

Il rapporto tra proprietari e mezzadri era caratterizzato da reciproca diffidenza e rispetto. I proprietari conservavano il diritto di revoca del contratto di mezzadria per cui al termine della campagna di raccolta tra settembre e ottobre la famiglia del massaro sovente doveva lasciare la masseria alla ricerca di altri contratti di affitto. Come manifestazione di ossequio e in rispetto del contratto di affitto il massaro organizzava periodicamente la consegna dei beni di produzione.
Una mattina Peppe andò a consegnare le uova la ricotta il formaggio e i fichi. Erano le 8:30. Lui era in piedi dalle 4. Quando bussò al castello la duchessa lo rimproverò: “ma che modi sono di bussare così presto a casa delle persone” , mai più doveva permettersi di disturbare il sonno e la quiete a quell’ora. Offeso e sentendosi ingiustamente rimproverato Beppe diede una risposta irriverente ed ardita: “da domani se volete fichi e uova venite voi la mattina in masseria a prenderle”. La duchessa ne fu indispettita e si lamentò al padre dicendogli che aveva un figlio proprio scostumato.

Peppe a masseria Montereale

Il giovane Peppe protagonista della nostra storia ambientata negli anni sessanta del novecento è oggi il massaro di Montereale una bella e monumentale masseria a Sud di Cisternino. Nelle foto di sotto Peppe e la sua masseria immortalato durante il trekking dei cicloamici del 2 febbraio 2020.

Il Corpo di fabbrica

L’edificio storico è costituito di vari ambienti, raggruppati in un unico organismo costruttivo. L’edificio alto a due piani sembra composto da due elementi costruiti in epoche diverse. Una parte con copertura a chianche in pietra tipo leccese e l’altra con copertura in coppi. La superficie è di 175m2 per un totale di 350metri tra i due pieni. Attaccati all’edificio alto altri ambienti con funzione di stalle, magazzino rimessa. Ampi e alti volumi con superfici voltate a botte o a vela con mattoni in dura pietra calcarea a facciavista. Questi ambienti si estendono per circa 320m2. Attorno al corpo di fabbrica diversi ambienti e cortili cintati con muri di pietra a secco e 6 trulli a cluster di 4 e 2.

Il grande ovile

a 110 metri a Nord Ovest del corpo di fabbrica della masseria si trova un monumentale Ovile di 1260 metri quadrati. L’ovile è recintato da alte mura suddiviso in 3 cortili e contiene un sistema allineato di 12 coni intercomunicanti tramite un sistema di archi a tutto sesto.

Il frantoio ipogeo

Tra i frantoi ipogei di Puglia questo di masseria Scole pie è uno dei più belli e maestosi. Ne abbiamo visti altri e più grandi in salento. Ma questo è tutto ricavato nello strato calcareo duro di calcare di Altamura. Una ripida discesa a gradini introduce un una grotta naturale adattata e modellata a frantoio.
Il frantoio ipogeo è sovrastato da una costruzione di circa 335 metri quadrati.

Foto aerea della parte emerta del frantoio. Si distingue seppure coperta dai rovi discesa verso la parte ipogea del frantoio.

Appendice: il contratto di Mezzadria nella Murgia dei trulli

Santo stefanone o paghi o va in prigione

La mezzadria (da un termine derivante dal latino tardo che indica “colui che divide a metà”) è un contratto agrario d’associazione con il quale un proprietario di terreni (chiamato concedente) e un coltivatore (mezzadro) si dividono (normalmente a metà) i prodotti e gli utili di un’azienda agricola (podere). Il comando dell’azienda spetta al concedente. Nel contratto di mezzadria, il mezzadro rappresenta anche la sua famiglia (detta famiglia colonica).
I contratti di mezzadria sono stati regomamentati da vari governi italiani fino ad essere sostituiti con contratti di affitto. I contratti potevano essere scritti o verbali. Nella Murgia dei trulli i proprietari delle masserie erano bene accorti a concedere stipule di mezzadria della durata di un anno ma rinnovabile. Il termine del contratto si conveniva tra il 3 e 15 agosto. Per il 3 agosto Santo Stefano vigeva il detto popolare “Santo Stefanone o paghi o vai in prigione”. Per quella data si considerava concluso il ciclo di lavoro e raccolta ed il massaro era tenuto a pagare le spettanze al proprietario. Se il pagamento non avveniva si minacciava il ricorso alla giustizia. E così nel periodo tra il 3 e 15 agosto le strade della Murgia erano percorse da processioni di carri e bestiame che erano le proprietà dei massari che si trasferivano da una masseria ad un’altra in caso gli accordi di fitto e mezzadria non si considerassero tacitamente rinnovati.

Regolamento della mezzadria sulla Gazzetta Ufficiale del 1948

Qui collegata la gazzetta ufficiale del 20 agosto 1948 dove viene pubblicato il “regolamento” che fissa diritti e doveri di mezzadri e concedenti

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Fonti

– intervista a Giuseppe Montanaro, il massaro della masseria Monte Reale, Cisternino il 6 gennaio 2021
– Scatigna Minghetti, G. – Lodedo, S. (Luglio 1997), Masseria Scuolepie a Ceglie Messapica, in Riflessioni Umanesimo della Pietra, Martina Franca, Arti Grafiche Pugliesi.
– articolo sulla storia di Scole pie tratto da Itria.net http://www.itriabarocco.net/web/guest/home/articolo?p_p_id=pis11_articolo_WAR_pis11&p_p_lifecycle=1&p_p_state=normal&p_p_mode=view&_pis11_articolo_WAR_pis11_f=index_articolo.jsp&_pis11_articolo_WAR_pis11_articleid=90545
Turrisi, C. (1978), La Diocesi di Oria nell’Ottocento. Aspetti socio – religiosi di una Diocesi del Sud (1798 – 1888), Roma, Università Gregoriana Editrice.
– Conte, Is. – Scatigna Minghetti, G. (1987), Ceglie Messapico. Arte – ambiente – monumenti, Martina Franca, Nuova Editrice Apulia.
– Magno, G. – Magno, P. (1992), Storia di Ceglie Messapica, Fasano, Schena Editore.
Scatigna Minghetti,
– G. (2008), Ceglie Messapica, in La Via di Maria. Fede, Arte, Storia. Percorsi Mariani nella Diocesi di Oria, Manduria, pubblicazione a cura dell’Azione Cattolica Italiana, Diocesi di Oria.
http://www.nobili-napoletani.it/Verusio.htm

2 pensieri su “Splendore e declino di Scuolepie, masseria nella Murgia dei Trulli”

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