Finalmente libero l’accesso a San Biagio

Dopo un duro confronto, una sentenza del giudice di Brindisi garantisce ai fedeli e agli escursionisti la servitù di passaggio per raggiungere il santuario Basiliano di San Biagio in Rialbo sui colli di Ostuni

Uno dei luoghi più belli e caratterizzanti di storia e arte a Ostuni da anni rimaneva interdetto alla pubblica fruizione di fedeli e escursionisti. Da diversi anni i proprietari della collina intorno al San Biagio impedivano l’accesso al Santuario rivendicandone addirittura la proprietà con l’intenzione di metterlo in vendita senza che sia mai esistito alcun titolo di proprietà.

La sentenza del giudice del 31 gennaio ha fatto finalmente giustizia e garantito l’accesso al bene storico archeologico e religioso.

Un’ordinanza liberatoria

Il Giudice del Tribunale di Brindisi, dott.ssa Roberta Marra, ha stabilito che «il Comune di Ostuni ovvero la collettività ostunese, in particolare in occasione della Festa di San Biagio del 3 febbraio, al fine di accedere al Santuario di San Biagio ubicato in C.da Pizzicucco esercita una servitù di passaggio sui terreno di proprietà della famiglia Dell’Erba-Dell’Erba – Zinza distinti in catasto al foglio 84, particelle 23, 20, 135, 137, 141- foglio 83, particelle 5 e 68».

L’ordinanza del 31 gennaio trae origine dal ricorso proposto dall’Amministrazione comunale di Ostuni in risposta al divieto di accedere al santuario imposto dalla famiglia Dell’Erba, residente a Castellana Grotte. Il casus belli è stato ufficialmente il presunto rischio di crollo dei massi situati nei pressi del monastero del XII secolo, così come rilevato dai Vigili del Fuoco in occasione di un’ispezione “a vista” del 29 gennaio 2022.

Un monumento in vendita

Il divieto di accesso imposto dai proprietari della collina trae origine da una arrogante volontà di evitare ogni ingerenza della popolazione ostunese su beni pubblici rispetto ai quali i Dell’Erba accampano pretese senza che sia mai esistito alcun titolo di proprietà. I proprietari hanno messo in vendita i terreni la masseria ed il santuario ( per una richiesta di € 4.500.000,00 ). La offerta è tuttora pubblicizzata sul sito di una agenzia immobiliare. Nell’avviso si legge: «proponiamo in Vendita la storica Masseria San Biagio, in possesso di caratteristiche che la rendono unica nel suo genere. […] A renderla unica, una chiesa dell’anno 1000 incastonata tra rocce e grotte ed un’incredibile miscellanea di uliveti secolari, pascoli e macchia mediterranea».

Le pretese dei Dell’Erba hanno portato perfino al divieto delle celebrazioni liturgiche nel pianoro localizzato prima del santuario . Tramite loro avvocato le signore dell’Erba Mariannina e Zinza Giuliana Anna ribadirono «il divieto di accesso ai fondi in agro di Ostuni, non ritenendo sussistenti i requisiti formali per consentire ad estranei l’utilizzo – sia pure temporaneo – di spazi, camminamenti e manufatti rientranti nella proprietà privata», (lettera del 02.02.2022).

L’istruttoria, condotta dal Giudice Marra ha dimostrato che la collettività ostunese utilizza da tempo immemore il sentiero che dalla S.P. 18 Ostuni-Cisternino (Casalini) si inoltra nei terreni di proprietà della famiglia Dell’Erba e giunge sino all’area del Santuario di San Biagio, denominato per tale ragione “strada comunale San Biagio”.

Il Tribunale, quindi, ha disposto la reintegra del Comune di Ostuni nel possesso della strada nella giornata del 3 febbraio limitatamente alla porzione del percorso che va dall’imbocco della S.P. 18 fino al punto in cui inizia il percorso più ripido ed impervio, posto a poche decine di metri dal santuario.

Il nodo problematico della vicenda resta adesso la sicurezza per l’accesso all’area immediatamente a ridosso degli edifici: «la futura fruizione dell’ultimo tratto del sentiero – sulla base del provvedimento della dott.ssa Marra – sarà subordinata ad un approfondimento della situazione di stabilità dell’area sotto il profilo geomeccanico, con analisi approfondita delle condizioni dei massi ciclopici presenti all’ingresso del Santuario e della parete rocciosa che la sovrasta, come di tutta l’area al contorno». Ciò alla luce di un sopralluogo condotto personalmente dal magistrato e di una consulenza tecnica d’ufficio a firma dell’ing. Raffaele Congedo e della geol. Francesca Lagna in cui è stata evidenziata sia in relazione ai massi che con riferimento alla parete rocciosa sovrastante il Santuario «una condizione di potenziale instabilità che potrebbe evolvere in instabilità – in maniera istantanea e non prevedibile – all’intervento di fattori scatenanti che alterino l’attuale equilibrio delle masse». Inoltre, anche i manufatti dell’uomo quali i ruderi del santuario e delle strutture annesse, secondo le valutazioni dei tecnici, «risultano strutturalmente degradati, lesionati, fuori asse, e devono essere messi in sicurezza per permetterne la visitabilità».

Le rivendicazioni degli storici e della comunità ostunese

Negli anni Novanta, il prof. Luigi Greco avviò una scrupolosa raccolta dei documenti utili a stabilire la proprietà demaniale del bene e chiese a gran voce l’intervento dell’Amministrazione comunale. Nel 2022 con le ricerche di Gianmichele Pavone (il quale ha poi assunto in giudizio la difesa del Comune rinunciando ad ogni compenso) e le firme di migliaia di ostunesi i quali hanno sottoscritto una petizione popolare (depositata il 25.03.2022 ai sensi dell’art. 18 del Regolamento della partecipazione) che ha stimolato l’intervento della Commissione Prefettizia.

A breve termine, inoltre, verrà introdotto a cura degli stessi difensori un ulteriore giudizio, volto a chiarire definitivamente anche i controversi aspetti legati alla titolarità della chiesetta di San Biagio (all’interno del più ampio complesso monastico di proprietà del Comune), rispetto alla quale soltanto sulla base di un’annotazione catastale degli anni Settanta la famiglia Dell’Erba sostiene di aver acquisito diritti di proprietà.

Fonti https://www.loscudostuni.it/san-biagio-sentenza-del-giudice-del-tribunale-di-brindisi/

Il ritorno dei cicloamici a San Biagio

San Biagio in Rialbo tra storia e architettura

San Biagio nacque a Sabaste in Cappadocia si convertì al Cristianesimo e fu eletto vescovo nella sua città. Ogni anno, il 3 febbraio, a ricordo del martirio e decapitazione (3 febbraio 316 d.C. sotto Licinio, avversario di Costantino), convengono al Santuario folle di devoti non solo da Ostuni ma anche dai paesi limitrofi.
La fondazione della comunità monastica di San Biagio in Rialbo viene fatta risalire da alcuni storici alle comunità di monaci in Anatolia o Cappadocia che, nella metà del secolo XI, si rifugiarono in Italia quando i turchi selgiuchidi invasero la Cappadocia. Tra i profughi, monaci e fedeli raggiunsero il nostro paese e diffusero la devozione a San Biagio, estendendola in seguito in tutta la regione ed anche a Ostuni.
San Biagio in Rialbo è dunque una chiesa romanica del sec. XI.  Il santuario rappresenta una della migliori interpretazioni di insediamento cenobico in rupe. In una pergamena del 1191, segnata 65-XVI, il Vescovo Ursileone concede la chiesa di San Biagio in Rialbo ai monaci Luca, Goffredo e Giovanni, ma si tratta piuttosto di una conferma, in quanto in un documento del 1148 la chiesa risulta già concessa al Monaco Martino.” 

“La chiesa in stile romanico a navata unica con volta a botte è costruita addossata dal lato destro al banco roccioso. La navata si affianca sul lato destro una lunga grotta naturale, che è posta in comunicazione con la navata attraverso due grandi archi a tutto sesto. Sulla facciata con profilo a capanna si ammira una bifora che sormonta il portale d’ingresso; un piccolo campanile a vela si erge sulla parete di sinistra. Sopraelevato di due gradini, è ubicato l’altare dalle linee molto semplici. Quattro pilastri sorreggono il piano mensa dal quale si elevano due ripiani.
Al centro, in una grande cornice modanata avente all’apice una scultura raffigurante un cherubino ed ornamenti floreali, è posta la statua del titolare del Seggio di Ostuni.”

Intorno alla chiesa sono scavate le grotte, quasi piccole certose che si aprono a gruppi o solitarie lungo i fianchi del monte. Esse erano il rifugio abituale dei monaci basiliani, Soprattutto per coloro che sceglievano di vivere in solitudine. Nelle grotte si possono ancora osservare affreschi bizantini in parte consunti dal tempo, cancellati dalle piogge e, soprattutto, resi irriconoscibili dalla manomissione incosciente degli uomini.

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